Bologna
Galleria Fabio Tiboni-Sponda
Bianco-Valente
Costellazione di me
29 gennaio - 31 marzo 2012
La galleria Fabio Tiboni / SPONDA presenta la mostra del duo artistico Bianco-Valente, già attivi sul territorio bolognese nel 2007 con un'installazione ambientale al Museo di Palazzo Poggi. Il lavoro di Bianco-Valente è da sempre incentrato sui concetti di percezione e relazione: in questa occasione viene proposta un'installazione ambientale che fornirà il pretesto per l'incontro e lo scambio delle energie potenziali tra lo spettatore e il luogo, tra le persone e le cose. Bianco-Valente avvolgeranno le pareti e il soffitto della galleria in una rete relazionale disegnata trascrivendo le parole dei saggi e delle lettere con cui gli astronomi, nei secoli passati, hanno via via descritto le proprie osservazioni e le proprie visioni, volte a definire i corpi celesti e le leggi che li tengono in relazione. Pochi sanno che fu proprio a Bologna che Copernico cominciò, grazie all'incontro e alla collaborazione con l'astronomo ferrarese Domenico Maria Novara, ad approfondire i suoi studi astronomici e a fare le prime osservazioni, che lo portarono dopo circa 20 anni a formulare la sua teoria eliocentrica che, riprendendo gli studi dei pitagorici e alcune intuizioni del suo mentore bolognese, rimetteva il Sole al centro dell'universo allora conosciuto. "Attraverso i secoli e le culture – dice Pietro Gaglianò – la visualizzazione della dimensione in cui avviene la creazione della sfera pubblica risponde sempre all'idea di una superficie che accoglie una rete di passaggi, sia essa l'agorà della civiltà greca o il web: una mappa, una sintesi grafica di uno spazio concreto o virtuale. Giovanna Bianco e Pino Valente sperimentano una possibile interpretazione di questa raffigurazione: le loro Costellazioni danno notizia di qualcosa già avvenuto (lo scambio di contenuti e contatti tra soggetti diversi e tra loro remoti) e mostrano la trama complessa delle traiettorie lungo le quali si sono attuati questi rapporti e la concatenazione latente tra i diversi interlocutori. Il tutto riscoprendo la dimensione demiurgica e creativa che appartiene a qualsiasi procedimento cartografico: la capacità di descrivere (funzionalmente) un territorio materiale o immateriale, ma anche di inventarlo (proprio secondo il senso che risiede nell'etimologia di questo termine, il latino invenire che si traduce come scoprire, trovare)."
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